Oggi, 30 novembre, si celebra la Giornata contro la pena di morte, e sempre nello stesso giorno ricorre la Festa della Toscana. La Toscana, come si legge anche dall’intervento del Presidente del Consiglio Regionale, oltre due secoli fa abolì, prima al mondo, la pena di morte. Si celebra quindi oggi la vittoria dei diritti sulla morte anche se il cammino verso l’universalità di questo diritto è lungo e difficile come testimoniano i dati di Amnesty International. Sono oggi ancora tanti i paesi nel mondo che mantengono la pena di morte, i dati riportati dal sito dell’organizzazione mondiale che si occupa di questo tema sono i seguenti:
“Paesi abolizionisti per reati comuni
Sono 8 i paesi che hanno abolito la pena di morte per i reati comuni, ma la mantengono per quelli commessi in tempo di guerra o in circostanze eccezionali: Brasile, Burkina Faso, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele, Kazakistan, Perù.
Paesi abolizionisti de facto
Sono 28 i paesi che mantengono in vigore la pena di morte, ma nei quali le esecuzioni non hanno luogo da almeno dieci anni, oppure hanno stabilito una prassi o assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte: Algeria, Brunei Darussalam, Camerun, Corea del Sud, Eritrea, Eswatini (ex Swaziland), Federazione Russa , Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Marocco/Sahara occidentale, Myanmar, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.
Paesi mantenitori
Sono 56 i paesi che mantengono in vigore la pena di morte: Afghanistan, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita (184)*, Bahamas, Bahrain (3) *, Bangladesh (2) *, Barbados, Belize, Bielorussia (2+)*, Botswana (1)*, Ciad, Cina (+)*, Comore, Corea del Nord (+)*, Cuba, Dominica, Egitto (32+)*, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gambia, Giamaica, Giappone (3)*, Giordania, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran (251+)*, Iraq (100+)*, Kuwait, Lesotho, Libano, Libia, Malesia, Nigeria, Oman, Palestina (Stato di), Pakistan (14+)*, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Singapore (4)*, Siria (+)*, Somalia (12+)*, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Stati Uniti d’America (22)*, Sudan (1)*, Sudan del Sud (11+)*, Thailandia, Taiwan, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam (+)*, Yemen (7)*, Zimbabwe.
* paesi che hanno eseguito condanne a morte nel 2019. Il numero indicato è quello delle esecuzioni di cui Amnesty International è riuscita ad avere notizia certa. Il simbolo + indica che il totale delle esecuzioni potrebbe essere molto più elevato rispetto al numero indicato. Dal 2009, Amnesty International ha deciso di non pubblicare la stima delle condanne a morte e delle esecuzioni in Cina, dove questi dati sono classificati come segreto di stato. L’aggiornamento dei dati è a cura del Coordinamento pena di morte”.
I diritti fondamentali delle persone, come dimostrano questi dati, sono quindi ancora oggi violati. Come sappiamo bene la pena di morte non è un deterrente ai crimini, nessuno studio ha mai dimostrato che la pena di morte intesa come punizione abbia diminuito i reati commessi, “alcuni studi hanno non solo dimostrato come il tasso di omicidi sia più alto negli stati che applicano la pena di morte rispetto a quelli dove questa pratica è stata abolita, ma anche come questo aumenti rapidamente dopo le esecuzioni“. Spesso ho pensato, ed è dimostrato nei dati, che la pena di morte non mitiga il dolore di chi ha perso qualcuno per mano dei condannati e non recepisce la Dichiarazione universale dei diritti umani, che, come altri trattati, chiedono da tempo l’abolizione della pena di morte; così come tutti i paesi che ancora la adottano ignorano il tema fondamentale della riabilitazione. Tema discusso spesso quest’ultimo, ma, come si sa, la vendetta ha sempre portato ben pochi risultati concreti nella vita di chi ha commesso reati e a maggior ragione in chi li ha subiti e rimane in vita.
Dati importanti sono anche quelli relativi ai minori riportati da Amnesty. Nonostante il Patto Internazionale sui diritti civili e politici e la Convenzione sui diritti dell’infanzia proibisca la pratica della pena di morte c’è ancora un numero, minore per fortuna, di paesi al mondo che continua a mettere a morte i minorenni. “Dal 1990 abbiamo documentato 151 esecuzioni di minorenni in nove paesi: Arabia Saudita, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Nigeria, Pakistan, Usa, Sudan e Yemen. Nel 2019, almeno quattro persone sono state messe a morte in Iran per reati commessi quando avevano meno di 18 anni. Amnesty International ritiene che minorenni condannati a morte negli anni passati siano tuttora detenuti nei bracci della morte di Maldive, Iran, Pakistan, Arabia Saudita e Sudan del Sud. Negli Stati Uniti d’America, grazie anche alla campagna di Amnesty International, la Corte suprema Usa nel 2005 ha dichiarato incostituzionale l’applicazione della pena di morte per i minorenni all’epoca del reato, allineando in questo modo la legislazione agli standard internazionali riconosciuti”.
Un viaggio quello dei diritti umani universali che ha ancora tanta strada davanti a sé, la Toscana nel suo piccolo oggi contribuisce a ricordare quanto questi siano fondamentali e quanto sia importante lavorare e sensibilizzare le giovani generazioni in questo senso.
info:
www.amnesty.it
www.consiglio.regione.toscana.it
ph dal web: Roman Cieslewicz, Poster for Amnesty International, 1975
Valentina
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